Pesci arrampicatori

Pesci arrampicatori

Di:  Stefano Cassano

Care amiche ed amici acquariofili, questa volta ho pensato di fare insieme a voi un salto indietro nel tempo di circa 370 milioni di anni, per poter dare così riconoscenza a quel vertebrato marino vissuto proprio in quel periodo, anno più anno meno, e che ha avuto il guizzo esplorativo vincente di tastare con le proprie pinne la terraferma e successivamente colonizzarla,  dando così avvio al meraviglioso viaggio dell’evoluzione che ha portato alla genesi dei tetrapodi terrestri e altresì alla nascita del genere umano.
Proprio cosi! Ogni volta che noi appassionati immergiamo gli occhi oltre il vetro dell’acquario per ammirare le nostre creature, dobbiamo farlo anche pensando che e’ proprio grazie ad un antenato dei nostri amati beniamini che oggi possiamo vivere tale emozione.

Ovviamente non farò un trattato di evoluzione; ma mi piacerebbe esaminare le diverse specie di pesci marini e/o d’acqua dolce che presentano ancora oggi il comportamento anfibio di uscire anche per breve periodo sulla terraferma imitando le gesta eroiche e pioneristiche dei loro antenati che hanno permesso la meravigliosa storia accennata poc’anzi.

Channallabes apus in acquario. Foto: magical-creatures.blogspot.it)

Ritengo utile cominciare da una recente scoperta avvenuta nel 2006 da parte di studiosi di nazionalità Belga coordinati dal professor Van Wassenbergh dell’Università di Anversa.  Il ritrovamento è avvenuto in una palude del Gabon in Africa. Si tratta del Channallabes apus, un pesce appartiene alla famiglia Claridae (spcie affine ai pesci gatto) che per nutrirsi esce fuori dall’acqua dando la caccia alle sue prede.

Ebbene, questo anguilliforme è in grado di uscire dal corso d’acqua, captando la preda, di norma un invertebrato, lo schiaccia con la testa sotto il fango prima di succhiarlo. Tutto questo grazie alla capacità del suo collo dotato di vertebre mobili (caso estremamente raro nel mondo ittico).

Video: Alticus saliens in un acquario pubblico.

In Micronesia, nell’oceano pacifico, esiste un altro pesce bentonico che usa le sue pinne pettorali per muoversi agevolmente sul terreno e sugli scogli alla ricerca di cibo. Si  tratta dell Alticus saliens, un simpatico  blennide lungo qualche centimetro e dalla livrea marmorizzata (per mimetizzarsi tra gli scogli).

Rivulus marmoratus, Foto wikipedia

E che dire del Rivulus marmoratus pesce che vive nell’America centrale che non solo riesce a camminare fuori dall’acqua ma addirittura di sopravvivere parecchi giorni grazie alla sua capacità di scambiare i gas vitali attraverso la cute. Addirittura da una ricerca in laboratorio è stato appurato che ha sopravvissuto per ben 66 giorni in ottimo stato di salute fuori dall’acqua (fonti internet); gli studiosi ritengono che tale comportamento sia identico a quel famoso vertebrato che nel periodo devoniano abbia dato il processo evolutivo (citato all’inizio di questa chiacchierata).

Ameiurus melas monografia: Wikipedia

Anche tra i pesci gatto (Ictaluridae) vi sono esempi di pesci camminatori-arrampicatori.  Il più famoso forse e l’Ameiurus melas. Pesce gatto di provenienza nord americana. È un pesce estremamente resistente e vive in acque inquinate con bassi tenori di ossigeno e naturalmente effettua delle escursioni fuor d’acqua con l’aiuto di forti pinne pettorali per altro dotate di aculei velenosi. Grazie alle sue carni sapide viene allevato in impianti di acquacoltura.

Il persico arrampicatore Anabas testudines  foto: wikipedia

Il prossimo protagonista è forse il pesce arrampicatore meglio conosciuto dagli acquariofili. Si tratta dell’ Anabas testudines il cui nome comune è per l’appunto Persico arrampicatore. Appartiene alla famiglia Anabantidae (Betta & Co., per intenderci), di grande mole arriva fino a 25 cm. Particolarmente impegnativo nell’allevamento in acquario, è necessario altresì avere la precauzione che lo stesso sia ben coperto per evitare fughe all’aria aperta. Vive nei bacini d’acqua dolce del sud-est asiatico.

Video: waterfall climbing cavefish
Addirittura, tra i pesci delle caverne, i cosiddetti “fish blind cave”,  si annovera un pesce di notevole interesse ecologico ed etologico. Si tratta di un cipriniforme che appartiene alla famiglia Balitoridae, il Cryptotora thamicola chiamato comunemente dagli anglosassoni “waterfall climbing cavefish”. Vive nei complessi carsici della Thailandia ed è un pesce di pochi centimetri, ma dotato di pinne pettorali e ventrali ampie e forti, utilizzate a mo di ventosa che gli permettono di aderire sulle rocce delle cascate presenti in questi habitat.

Oxudercinae sp. foto: Alessandro Crudo

I perioftalmi. Alzi la pinna pardon la mano, quanti di voi hanno visto almeno una volta nei più disparati documentari televisivi, ambientati nelle regioni tropicali e subtropicali, questi simpatici pescetti dagli occhioni vispi che saltellano sul fango e si arrampicano sulle mangrovie: sicuramente l’alzereste in tanti. Conosciuti anche con il nome di saltafango appartengono alla famiglia Gobidae e nella sottofamiglia degli Oxudercinae. Posseggono adattamenti evolutivi estremamente vari e complessi. Respirano fuori dall’acqua attraverso la cute e l’esofago; conservano bolle d’acqua contenete aria tra le lamelle branchiali come scorta di ossigeno; capaci di insabbiarsi nel fango creando una bolla d’aria intorno al corpo per respirare. Insomma un vero e proprio pesce-anfibio. Il genere Periophthalmus raccoglie ad oggi 18 specie distribuiti in Africa orientale, Madagascar, Oceania, Giappone, Cina. La lunghezza del corpo è appena sotto i 10 cm. Hanno occhi sporgenti sulla parte superiore del capo per osservare l’ambiente quando sono parzialmente immersi in acqua. La livrea ben mimetizzata all’ambiente in cui vive gli permette di cacciare indisturbato.
I perioftalmi in acquario. Si tratta di un allevamento particolare in quanto non si utilizza un acquario classico ma, bensì, un paludario avendo cura di rispettare le esigenze particolari di queste specie: acqua salmastra, substrato di sabbia emersa e le inseparabili mangrovie. La vasca deve essere corredata di filtro e riscaldatore per mantenere la temperatura ottimale intorno ai 25-30 °C, ed una elevata umidità aerea. Ovviamente ricordate di utilizzare un buon coperchio. Pare che non sia ancora riuscita la riproduzione in cattività!

Mi piace concludere questa volta non con una considerazione ma con un proprio e vero invito. Se cè qualcuno di voi che leggesse questo breve articolo ed ha o ha avuto esperienze o è a conoscenza di aneddoti da raccontare su questi particolari pesci, saremo felici di inserirli nella pagina di questo sito. Arrivederci alla prossima divagazione.

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Francesco Denitto

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